MUSICA

Moody Blues: Concerto all'Heinechen Music Hall, Amsterdam - 2008

È il 15 ottobre 2008, Amsterdam ha il suo solito volto autunnale, fascinosa e intrigante. Libertà, emancipazione le sono propri da molti lustri, il tempo sembra quasi essersi fermato. È iniziato un altro secolo, un altro millennio, per ora, tuttavia, non è percepibile, gli eventi mi aiuteranno a capire cosa è cambiato nella Venezia del nord?

Stasera alle 20 e domani alla stessa ora suonerà una rockband, il suo nome: the Moody Blues! Il tempo si è davvero fermato .... L'appuntamento è all'Heinechen Music Hall.

Sono curioso, molto curioso. I Moody sono uno dei pochi gruppi partiti negli anni 60 che non ha mai interrotto l'attività concertistica, salvo la nota parentesi tra il 72 ed il 77.

La Music Heinehen Arena di Amsterdam ha circa 5000 posti riempirla sarà un problema ...

Con questi pensieri mi appresto a prendere l'autobus che mi condurrà alla Music Hall. C'è un bel movimento, al capolinea chiedo alcune informazioni nel mio inglese approssimativo e, costeggiando un pub, sento inconfondibile un brano dei Moody in sottofondo, è Gipsy (1969), qualcuno inizia evidentemente a scaldare i motori, sarà uno dei pochi nostalgici, penso. Pochi metri ancora, sono all'ingresso del Teatro, manca un quarto d'ora alle 20. L'ingresso è gremitissimo, stento a crederci. Una ressa impressionante, uomini e donne per la maggior parte dai 50 in su, ma anche quarantenni e trentenni con famiglia al seguito e dunque anche ragazzi e ragazze. Solo con l'aiuto di una hostess trovo il mio posto numerato, cinque minuti alle otto e la sala è colma in ogni ordine di posti. Quanto si faranno attendere i Moody? Una distinta Lady risponde alla mia domanda con cortesia: sono dei veri gentleman massimo alle 20,10 saranno sul palco. È proprio così, alle 20,10 Justin Hayward, John Lodge, Graeme Edge, Norda Mullen, Paul Bliss, Gordon Marshall e Bernie Barlow sono pronti ad iniziare.

Lovely too see you again my frends è il primo brano, il suono è pulito, la chitarra di Hayward impeccabile, la sua voce sempre calda e vigorosa, la band suona con trasporto. I brani si susseguono, la scaletta è molto diversa dall'ultima volta che li ho sentiti anche perchè la defezione di Ray Thomas ha costretto il gruppo a rinunciare ad alcuni classici. Il pubblico segue prestando attenzione ad ogni singola nota. Mi colpisce l'esecuzione di One more time to live, scritto da Lodge nel 71 in Every good boy deserves favour, è un pezzo non facile ed è la prima volta che lo eseguono dal vivo, molto suggestivo!

Gradatamente il pubblico si scalda il repertorio è ricchissimo, gli arrangiamenti molto rock, le chitarre sempre in primo piano, il flauto della Mullen degno del miglior Ray Thomas. Seguono Tuesday afternoon, Lean on me (Tonight), Never comes the days, Steppin' in a slide zone, The voice, I know you're out there somewhere. Quando iniziano le note di The story in your eyes, il pubblico è oramai parte dello show, la chitarra di Hayward scandisce assoli con una naturalezza tale da rendere difficile pensare che Justin ha varcato la soglia dei 60 anni. Graeme Edge non può avere il vigore di un tempo alle percussioni ma Gordon Marshall sa il fatto suo e Graeme può concedere la sua voce per Higher and higher e Late lament, la prima corredata da un minishow danzato, spassosissimo e molto autoironico. Seguono Your wildest dreams, Isn't life strange, The other side of life, Are you sitting comfortably?, December snow, I'm just a singer (in a rock & roll band) quest'ultima scritta nel 1972 per rispondere con onestà al pubblico americano che li vedeva portatori di un messaggio mistico. Segue Nights in white satin anche questa volta carica di un pathos ineguagliabile, sembra incredibile dopo tanti anni Justin ci mette ancora un trasporto che trascende gli animi e scatena una standing ovation di più di 5 minuti.

Alla mia destra sento delle urla: bravi, bravi, si in italiano. Mi presento e scopro che tre amiche romane, Tarsilla, Tania e Maria Grazia sono riuscite per la prima volta a partire per ascoltare i Moody, dopo aver sognato di farlo per almeno 30 anni. Mi presentano Giulio mio coetaneo con Marco suo figlio di 16 anni, sono cagliaritani, poi da Roma Elena con il figlio Dario 40 anni e la nipotina quattordicenne Angela, 3 generazioni! Insomma l'Italia c'è. Sulle note trascinanti di Question e di Ride my see-saw, cantate a squarciagola da un pubblico oramai incontenibile il concerto ha termine, i fans più affezionati si stringono intorno ai musicisti, Dario chiama John Lodge e gli dice: I came here from Rome to listen to you, risponde John: it's fantastic e gli dona il pletro usato durante la serata.

Riesco a procurarmi anche il biglietto per il giorno seguente (ormai che ci sono), la scaletta è leggermente diversa, una splendida esecuzione di Voices in the sky si aggiunge al repertorio, l'entusiasmo è lo stesso, l'80% del pubblico non era presente la sera prima, quasi diecimila persone attendevano i Moody Blues in Olanda.

Grazie ad un'intervista concessa alla stampa olandese, apprendo che è in preparazione un nuovo album studio e che la band pensa di continuare l'attività concertistica ancora per un pezzo.

Vado via con la sensazione di essere entrato per un po' in una dimensione speciale, insieme ai Rolling Stones, agli Who e al vecchio Paul (McCartney) i Moody Blues rappresentano lo zoccolo duro di una musica fuori dal tempo, dalle convenzioni e dalle etichette.

Ciao a tutti

Francesco Marcello